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Ultimo aggiornamento 7 Novembre 2012

Reggio Calabria, 21/07/2001 Ore 11,15.
Ero sveglio da poco e mi accingevo a prendere il caffè, quando ho sentito miagolare in modo strano o meglio dire ho percepito dei richiami, degli apparenti lamenti. Precipitatomi immediatamente in veranda, ho notato riverso per terra, accanto la scaletta che conduce al tettuccio, il tuo gattino agonizzante. Qualche istante prima che io varcassi l’uscio che dalla cucina conduce appunto all’aperto, sopraggiungevano Clarabella e Zara, che tuttavia non facevano nulla che mi inducesse a pensare ad una qualche possibile responsabilità sull’accaduto da parte loro. Infatti erano calme, stupite, quasi sorprese quanto me e per nulla eccitate; Tra l’altro come poc’anzi asserito, mi pare fossero appena sopraggiunte. Il gattino non presentava segni, morsi o ferite particolari, che mi portassero a pensare ad un probabile azzannamento. Il corpo del micio era perpendicolare al tettuccio e quindi sul punto di caduta; Questo particolare, rafforza l’ipotesi che appunto, non sia stato trascinato e quindi morso.

Il corpicino era riverso per terra in modo scomposto e muoveva appena. Si udiva un lamento labile e pur costante. In ogni caso, l’ho con cura adagiato sul ripiano dal quale é cascato e lasciato al suo triste, infausto destino. Alla luce di questi e altri fatti,
giungo a queste sintetiche conclusioni:

  • E’ evidente che la caduta sia da attribuire al caso (disattenzione, colpo di vento, gioco, ecc.. ecc..)
  • Il gattino ha riportato danni seri e credo irreversibili (data l’età e la gravità dell’incidente).
  • E’ da escludere al 95% qualsiasi responsabilità da parte dei cani, per i motivi sopra descritti.
  • La sfortuna e forse anche il fato, hanno inciso in maniera determinante, ma l’imprudenza ha fatto il resto.
  • E’ vero come non mai, che oggi ci siamo e domani potremo non esserci.
  • Gli avvenimenti ci toccano e non possiamo fare altro che accettarli: “Così é la vita”.
  • La rassegnazione e il tempo rimangono gli unici veri dottori.
  • Forse doveva proprio andare così, forse.

Cara mamma, tu che ci tenevi tanto a quel cucciolo di gatto, beh, mettiti l’anima in pace. Mi preparo per andare al mare. Ciao.

Ore 12,03. Stavo per andar via  e non avrei mai sperato di poter scrivere quanto segue. Il gattino, come per miracolo, si é svegliato dal suo stato comatoso e adesso, mentre ti scrivo, lo vedo addirittura camminare. E allora giungo ad un’ultima, brevissima, felice conclusione: “Anche quando ci sentiamo abbattuti, sfiniti, esausti; Anche quando tutto ci sembra andato, finito, perduto… anche allora c’é sempre una piccola, grande, impensabile speranza“. Marco.

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